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lunedì 27 luglio 2009

Così l’olio turco finisce sulle tavole in Italia.

Di Rolla Scolari (Il Giornale).
Per i romani era tutto: serviva in cucina, nei riti religiosi, nello sport, per avere la luce, per curarsi, per pettinarsi, per profumarsi. Soltanto i «negotiatores oleari» avevano il monopolio dell’oro verde. Eppure, anche allora, non mancavano le frodi, ben registrate: Apicio, che compilò una raccolta di ricette, spiegava come rendere il mediocre olio spagnolo simile a quello ottimo della Liburnia, in Istria. I secoli sono passati e l’olio rimane protagonista della nostra vita quotidiana. E non sempre siamo sicuri di condire il nostro cibo con olio di oliva oppure con olio italiano, nonostante i nomi e i numeri sull’etichetta. Da una parte ci sono le contraffazioni: seicentomila chilogrammi di extravergine adulterato sono state sequestrati dalla guardia di finanza di Bari nel luglio 2007. Il prodotto arrivava da Spagna, Grecia, Tunisia. Nel marzo 2008, a Putignano, in Puglia, è stato scoperto un magazzino pieno di bottiglie di olio di semi colorato con la clorofilla ed etichettato come extravergine: una tattica ormai d’uso comune. «Il fenomeno più frequente è vendere olio di semi vari colorato con clorofilla e spacciarlo per extravergine», spiega al Giornale il comandante dei Nas di Milano, il capitano Paolo Belgi. Il carabiniere racconta come nell’aprile del 2008 sono stati effettuati 39 arresti tra la Lombardia e la provincia di Foggia.
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