Il gruppo alimentare spagnolo "Sos", che controlla i due colossi italiani dell'olio Carapelli e Bertolli, da due anni in gravi difficoltà finanziarie, è alla vigilia di un nuovo assetto societario. Proprio in questa fase di ristrutturazione sono stati messi in vendita i due marchi. Su questa difficoltà potrebbe entrare in gioco una cordata di imprenditori del basso Ionio soveratese facenti capo alla cooperativa "Verde Oro", presieduta da Francescantonio Matozzo, che tra l'altro è anche vice-presidente del "Cioc" (Consorzio interprovinciale olivicolo calabrese).
«Siamo interessati all'acquisto del prestigioso marchio Carapelli – dice Matozzo – non di tutto il pacchetto. Tale operazione ci aiuterebbe a penetrare sui mercati nazionali ed internazionali, portando alla crescita della vendita dell'olio prodotto nel comprensorio soveratese imbottigliato dal 5% attuale a circa il 40%. Lo stesso gruppo di imprenditori, anni addietro, insieme alla Federazione Calabrese delle Banche di Credito Cooperativo, guidata dal presidente Flavio Talarico, e alla Regione Calabria, aveva pensato di costituire un fondo mobiliare chiamato "Antares", dedicato al sud Italia, in particolare a Calabria e Campania. Questa iniziativa era finalizzata a promuovere e sostenere lo sviluppo dell'economia locale del sud Italia, promuovendo il passaggio da forme di finanziamento residuali a forme di finanziamento maggiormente personalizzate ed adeguate alla fase del ciclo di vita dell'impresa. "Antares" doveva gestire un capitale di 25 milioni di euro, suddiviso in 500 quote da 50 mila euro cadauna. I settori ritenuti più interessanti, all'interno dell'economia calabrese, erano l'agroalimentare, con acque minerali e olio d'oliva, e le infrastrutture, il turismo e le energie rinnovabili».
Matozzo ha quindi ricordato che «la provincia di Catanzaro e quindi il soveratese è la seconda provincia d'Italia produttrice di olio d'oliva, con una produzione media di tonnellate 5.000 annue di olio extra vergine d'alta qualità. Negli ultimi anni, nella zona, sono state investite somme ingenti di denaro per investimenti attraverso le filiere di comparto, allo scopo di migliorare la qualità dell'olio. Abbiamo ottenuto ottimi risultati ma per poter completare la filiera abbiamo bisogno di un marchio di caratura internazionale, come quello di Carapelli. Da un'indagine abbiamo notato che l'olio di qualità viene acquistato da gruppi di acquisto pugliesi che, a loro volta, lo cedono a gruppi toscani in modo da immetterlo sul mercato con un prezzo più alto, doppio rispetto a quello d'origine, addirittura triplo. Negli ultimi anni gruppi toscani come la società Montalbano e il Consorzio nazionale degli olivicoltori, che commercializzano marchio "Coop", hanno stretto accordi commerciali, realizzando un grosso centro di stoccaggio in Puglia, con fondi finanziati da enti come "Coopfond" (finanziaria di Legacoop), lasciando il nostro territorio fuori dalle trattative. È impensabile pensare che la Legacoop ed il "Cno", (Consorzio controllato dalla Cia) pensino di impegnarsi a realizzare un progetto di valorizzazione e commercializzazione dell'olio italiano escludendo da tutto ciò le cooperative calabresi».
Di conseguenza «da questa situazione – conclude Matozzo - si evince che l'Italia viaggia a due velocità oppure che chi siede ai tavoli decisionali intende estromettere i grandi produttori d'olio di qualità per commercializzare prodotti acquistati a basso costo, magari dall'estero. Per tale motivo, per il momento, non intendiamo coinvolgere le organizzazioni di categoria nelle trattative».
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