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domenica 29 dicembre 2013

Via degli Ulivi e altre poesie di Francesco A. Costabile.

Per altri sentieri

Per altri sentieri
torneremo alla piana
celeste di ulivi.
Saremo
dove si leva
l'infanzia dei profumi;
dove l' acqua
non si fa nera
ma vacilla di luna;
dove i passi
avranno memorie di solchi
e le dita di melograni;
dove ti piace dormire
e ti piace amare.
Sono questi gli orti,
i confini per ricordarci.

da Via degli Ulivi e altre poesie di Francesco Antonio Costabile (Sambiase, 27 agosto 1924 – Roma, 14 aprile 1965)

venerdì 21 settembre 2012

Dedicato ai miei amici in campagna.

The Olive Grove - John Singer Sargent c. 1910 - Indianapolis Museum of Art.
Sentori d'autunno.
Si è lavorato un anno intero, dopo la raccolta dell'autunno scorso, prima potando gli ulivi, poi concedendo alle piante il giusto ed equilibrato ristoro, perché tutto finalmente sia pronto, consapevoli che al resto, ci penserà la natura.
Dimentichi di tutto, di stenti e fatiche, sopportate l'anno prima, non vi è più tempo per pensare.
Adesso la stagione è alle porte, fervono i lavori in campo, si prepara il terreno, l'alacrità del contadino è contagiosa, si tolgono le ultime sterpaglie, si controlla, si chiede in giro, si aspetta il grande giorno!
Quante speranze riposte in quell'appezzamento di ulivi.
Stesso fermento in frantoio, si finisce di assemblare le macchine, le ultime calibrazioni, si provano le attrezzature, conscie di una lunga e dura stagione di lavoro che le attende. Non c'è più tempo, tutto dev'essere in ordine prima del fatidico giorno, giorno in cui riecheggeranno, tra i locali intrisi dei dolci profumi dell'olio, le voci dei primi, e più accorti, contadini.
L'inizio è imminente, mancano giorni, ore.
Un unico desiderio, nel cuore di tutti gli attori, che sia olio nuovo! Speranzosi che questo olio nuovo, atteso per dodici mesi, curato, coccolato, possa ripagare dei sacrifici affrontati. O almeno, ancora una volta, si spera.
Buon olio nuovo, cari amici, e buon lavoro.
Antonio G. Lauro

giovedì 19 agosto 2010

La lenta agonia degli ulivi centenari.

In viaggio per la piana dell'Aspromonte a salutarli. Per colpa di una legge comunitaria orneranno le ville del Nord. 
Di MIMMO GANGEMI
Sono tornato sulle strade della mia infanzia, tra gli ulivi alle prime pendici dell’Aspromonte tirrenico, per la doverosa visita che si conviene a dei moribondi stesi su un letto di dolore.
I passi scricchiolano sulle foglie secche, polverosi cilindri di luce filtrano tra il fogliame e si piantano in terra, un filo di vento fruscia di uno stridio metallico tra le cime.
Riaffiorano immagini antiche: la «grana» (cioè il fiore dell’ulivo) che in giugno imbiancava l’aria, le raccoglitrici intente, nel punto di raccolta delle femmine, alle quattro misure d’obbligo, i canti campagnoli su cui si ergeva imperiosa e solista la voce di Mena, don Rocchino, eterno vizioso, che s’approfittava della posa ricurva per tastare l’uovo a una donna messa apposta a raccogliere in un terrazzamento isolato.
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