L'olivo, pianta dalla forte “personalità”, è allevata dall'uomo da circa seimila anni. Oggi, è coltivato, per circa il 90%, nei Paesi che circondano il bacino del mar Mediterraneo poiché, in quest'area, vi sono condizioni climatiche particolarmente favorevoli; inverni miti ed estati calde e asciutte, hanno consentito all'olivo di ambientarsi e svilupparsi al meglio.
Si stima che complessivamente, 800 milioni di piante d'olivo occupano nel mondo poco più di 10 milioni di ettari. La produzione, è costituita per due terzi da olive da olio e per un terzo da olive da tavola; in particolare nei paesi del bacino del Mediterraneo si producono oltre il 90% dell'olio di oliva ed il 75% delle olive da tavola del globo.
Il consumo mondiale di olio d'oliva si aggira intorno a 2.100.000 tonnellate. Gli stati maggiori produttori, sono la Spagna e l'Italia; il paese iberico ha, infatti, una superficie con oliveti di 2.450.000 ettari, mentre l'Italia ha in coltivazione 1.161.000 ettari. La Tunisia, terza in questa virtuale classifica, ne ha circa 1.690.000.
Per ciò che riguarda il consumo di olio di oliva, vi è da dire che esso rappresenta appena il 3% tra tutti gli oli vegetali utilizzati per l'alimentazione umana. I maggiori consumatori di olio di oliva sono gli europei, e ovviamente gli abitanti dei paesi produttori. Negli altri continenti, come ad esempio nel nord America, l'olio d'oliva utilizzato a scopo alimentare, si è andato diffondendo solo in tempi più recenti.
In Italia
In Italia, ci sono circa 150 milioni di olivi che sono coltivati con tecniche di coltivazione sempre più moderne e razionali.
Ciò è facilmente rilevabile anche a colpo d'occhio, poiché la differenza tra vecchia e moderna olivicoltura subito si palesa con la differente conformazione, sviluppo e disposizione delle piante.
L'olivo oggi è coltivato più o meno in tutte le regioni del nostro Paese, ad eccezione della sola Valle d'Aosta dove le condizioni pedo-climatiche non lo permettono; in ogni modo il 90% della produzione resta appannaggio delle regioni meridionali. La maggiore produttrice è la Calabria, seguita ad una “incollatura” dalla Puglia, poi un po' più staccate ci sono Sicilia, Campania e Sardegna.
La dislocazione delle coltivazioni è in gran parte situata in terreni collinari, mentre solamente il 30% è situato in pianura.
In Calabria
La particolare collocazione geografica della Calabria, estremo lembo della penisola Italica, fa sì che questa regione rappresenti un territorio olivicolo di estrema importanza. Qui, da sempre, il settore olivicolo riveste un ruolo di gran rilievo grazie alle forti correlazioni di ordine sociale, ambientale e paesaggistico che attorno ad esso s'innescano e si sviluppano. Il patrimonio olivicolo calabrese, è tra i più caratterizzanti d'Italia, infatti, non passa inosservata, al viaggiatore che si trovi in Calabria, l'estensione occupata dagli oliveti e soprattutto la maestosità delle piante che tali impianti arborei costituiscono.
Nella nostra terra, sin dall'antichità, l'olivo viene coltivato dalle aree costiere alle zone collinari, fino a raggiungere le fasce interne pedemontane con una collocazione che va, dal livello del mare fino ai 600-700 metri sui rilievi collinari e sub montani.
La distribuzione della superficie per classe altimetrica, vede gli oliveti localizzati quasi esclusivamente in collina (circa il 67.17%) ed in montagna (circa il 21.69%) e solo una piccola percentuale (circa il 11.14%) è collocata in pianura. Tale situazione, mette in evidenza ulteriormente l'importanza della coltura, giacché l'olivicoltura s'inserisce bene in territori anche impervi, dove difficilmente altre colture troverebbero spazio utile, permettendo l'utilizzazione di zone che altrimenti rimarrebbero incolte. Le aree coltivate ad olivo ricoprono circa il 24% della superficie agricola utilizzata e la superficie investita su questa coltura ammonta a circa 220.000 ettari, di cui circa 170.000 in coltura specializzata. Il numero di aziende olivicole è circa 136.000 con una produzione annua di circa 80.000 tonnellate di olio da olive.
Dal punto di vista strutturale, anche se il numero delle aziende medio grandi (oltre 20 ettari) con il 30% della superficie olivetata è abbastanza consistente, il settore olivicolo calabrese, è fortemente penalizzato dalla ridottissima dimensione media aziendale, poiché circa il 47% delle aziende ha una superficie media inferiore ad un ettaro. Il valore all'origine della produzione olivicola calabrese si aggira sui 300 milioni di Euro a cui vanno aggiunti gli aiuti comunitari.
Questa voce rappresenta il 30% della produzione lorda vendibile della regione, percentuale nettamente maggiore di quella nazionale (4%).
Le diverse tipologie di terreno, la differenza delle esposizioni e dei microclimi (ovvero delle condizioni climatiche di piccole aree anche confinanti), unite ad una tecnica di coltivazione poco razionale, fanno sì che sopravvivano, soprattutto nelle aree interne e marginali, tecniche di colturali antiquate, il cui scarso rendimento economico è comunque “compensato” dai benefici derivanti dalla funzione di mantenimento degli equilibri idrogeologici e ambientali. In Calabria si coltivano prevalentemente olive da olio e ciò ha spinto, nel corso del tempo, a coltivare varietà di collaudata adattabilità all'ambiente pedoclimatico. Dunque, si sono privilegiate piante che si trovavano già in coltivazione sul territorio da centinaia di anni, dove addirittura, forse avevano avuto origine. Oggi, anche se gli imprenditori agricoli, spinti dalle mutate esigenze di mercato, hanno introdotto nelle loro aziende varietà nuove, non rinunciano, giustamente, a valorizzare le loro varietà autoctone. Infatti, al di là delle scelte legate alle tradizioni ci sono anche motivazioni di carattere pratico: alcune varietà che ad esempio, esplicano al meglio le loro potenzialità in aree ben determinate e non sempre danno la stessa risposta, in termini quantitativi e qualitativi, in zone diverse da quelle di origine.
Le varietà più diffuse nelle cinque province calabresi sono: la Dolce di Rossano, la Cassanese, la Roggianella e la Carolea a Cosenza; la Carolea a Catanzaro; Carolea, Tonda di Strongoli e Pennulara a Crotone; Carolea, Ottobratica, Tondina e Tombarello a Vibo Valentia; l'Ottobratica, la Sinopolese, la Grossa di Gerace, la Tombarello e il Ciciarello a Reggio Calabria.
A queste varietà, vanno aggiunte altre cultivar non autoctone, che come poc'anzi detto, solo qualche volta hanno dato risposte valide e significative, compatibili con le esigenze della moderna olivicoltura.
Va tuttavia evidenziato che negli ultimi anni, l'olivicoltura calabrese, è stata interessata da una significativa evoluzione, determinata dall'introduzione di moderne e innovative tecniche colturali (agricoltura integrata e agricoltura biologica), finalizzate all'ottenimento di prodotti con standard qualitativi elevati. Questo miglioramento della qualità, è frutto di una combinazione armonica di innumerevoli fattori, dove comunque quelli che danno poi la caratterizzazione organolettica, ossia “l'impronta” di un olio, sono sempre i fattori pedo-climatici.
La trasformazione delle olive in olio
Le olive da olio prodotte in Calabria, vengono trasformate e danno origine, per oltre il 40%, ad olio extravergine che viene consumato in loco o venduto sui mercati nazionali ed internazionali, dove peraltro è molto apprezzato. Sono circa 1.000 i frantoi operanti nella regione così suddivisi per provincia: Reggio Calabria, 368; Vibo Valentia, 105; Catanzaro, 188; Crotone, 81; Cosenza, 326. Va' detto che per il rinnovamento degli impianti di trasformazione, nella regione è già stato fatto molto. Già da qualche tempo sono stati avviati sostenuti interventi di ristrutturazione e ammodernamento degli impianti.
Occorre segnalare con soddisfazione che è in atto, in tutto il settore olivicolo, uno sforzo complessivo e sostenuto, da parte di molti imprenditori agricoli, volto al miglioramento della qualità, con la certezza che l'impegno e l'intraprendenza manifestati, di cui già oggi si avvertono i primi segnali positivi, sapranno gratificare tutto il comparto olivicolo regionale.
Dr Antonio Giuseppe Lauro - Panel Leader
Coautore de Gli Extravergini Calabresi - Guida agli oli di qualità (2008)
Testo aggiornato 11/2016.
Lentamente, ma inesorabilmente, l'olivicoltura nel mondo si espande, al punto che solo negli ultimi anni, molti nuovi paesi hanno cominciato ad investire nel settore, portando il numero totale di paesi produttori a 56.
Così ogni anno, si aggiungono 154.000 nuovi ettari di olivetati, che corrispondono a dieci nuovi alberi di olivo al secondo, che portano la superficie mondiale investita ad olivo a superare i 10 milioni di ettari.
Gli stati con le maggiori superfici investite ad olivo sono: la Spagna, l'Italia, la Grecia ed il Portogallo. Seguono la Francia, i paesi dei Balcani, la Turchia e quelli della costa africana che si affaccia sul Mediterraneo: Tunisia, Marocco, Libia ed Algeria; mentre, più ad Est, troviamo la Siria, Cipro, Israele, il Libano, la Giordania. Altre limitate coltivazioni si trovano oltre oceano lungo le calde coste degli Stati Uniti, nell'America Meridionale (Argentina ed Uruguay su tutte), Australia, Sud Africa, e da qualche anno, anche la grande Cina ha investito consistenti aree ad oliveto, cosa che deve destare qualche preoccupazione.
Aree di coltivazione, produzione e consumi.Così ogni anno, si aggiungono 154.000 nuovi ettari di olivetati, che corrispondono a dieci nuovi alberi di olivo al secondo, che portano la superficie mondiale investita ad olivo a superare i 10 milioni di ettari.
Gli stati con le maggiori superfici investite ad olivo sono: la Spagna, l'Italia, la Grecia ed il Portogallo. Seguono la Francia, i paesi dei Balcani, la Turchia e quelli della costa africana che si affaccia sul Mediterraneo: Tunisia, Marocco, Libia ed Algeria; mentre, più ad Est, troviamo la Siria, Cipro, Israele, il Libano, la Giordania. Altre limitate coltivazioni si trovano oltre oceano lungo le calde coste degli Stati Uniti, nell'America Meridionale (Argentina ed Uruguay su tutte), Australia, Sud Africa, e da qualche anno, anche la grande Cina ha investito consistenti aree ad oliveto, cosa che deve destare qualche preoccupazione.
Si stima che complessivamente, 800 milioni di piante d'olivo occupano nel mondo poco più di 10 milioni di ettari. La produzione, è costituita per due terzi da olive da olio e per un terzo da olive da tavola; in particolare nei paesi del bacino del Mediterraneo si producono oltre il 90% dell'olio di oliva ed il 75% delle olive da tavola del globo.
Il consumo mondiale di olio d'oliva si aggira intorno a 2.100.000 tonnellate. Gli stati maggiori produttori, sono la Spagna e l'Italia; il paese iberico ha, infatti, una superficie con oliveti di 2.450.000 ettari, mentre l'Italia ha in coltivazione 1.161.000 ettari. La Tunisia, terza in questa virtuale classifica, ne ha circa 1.690.000.
Per ciò che riguarda il consumo di olio di oliva, vi è da dire che esso rappresenta appena il 3% tra tutti gli oli vegetali utilizzati per l'alimentazione umana. I maggiori consumatori di olio di oliva sono gli europei, e ovviamente gli abitanti dei paesi produttori. Negli altri continenti, come ad esempio nel nord America, l'olio d'oliva utilizzato a scopo alimentare, si è andato diffondendo solo in tempi più recenti.
In Italia
In Italia, ci sono circa 150 milioni di olivi che sono coltivati con tecniche di coltivazione sempre più moderne e razionali.
Ciò è facilmente rilevabile anche a colpo d'occhio, poiché la differenza tra vecchia e moderna olivicoltura subito si palesa con la differente conformazione, sviluppo e disposizione delle piante.
L'olivo oggi è coltivato più o meno in tutte le regioni del nostro Paese, ad eccezione della sola Valle d'Aosta dove le condizioni pedo-climatiche non lo permettono; in ogni modo il 90% della produzione resta appannaggio delle regioni meridionali. La maggiore produttrice è la Calabria, seguita ad una “incollatura” dalla Puglia, poi un po' più staccate ci sono Sicilia, Campania e Sardegna.
La dislocazione delle coltivazioni è in gran parte situata in terreni collinari, mentre solamente il 30% è situato in pianura.
In Calabria
La particolare collocazione geografica della Calabria, estremo lembo della penisola Italica, fa sì che questa regione rappresenti un territorio olivicolo di estrema importanza. Qui, da sempre, il settore olivicolo riveste un ruolo di gran rilievo grazie alle forti correlazioni di ordine sociale, ambientale e paesaggistico che attorno ad esso s'innescano e si sviluppano. Il patrimonio olivicolo calabrese, è tra i più caratterizzanti d'Italia, infatti, non passa inosservata, al viaggiatore che si trovi in Calabria, l'estensione occupata dagli oliveti e soprattutto la maestosità delle piante che tali impianti arborei costituiscono.
Nella nostra terra, sin dall'antichità, l'olivo viene coltivato dalle aree costiere alle zone collinari, fino a raggiungere le fasce interne pedemontane con una collocazione che va, dal livello del mare fino ai 600-700 metri sui rilievi collinari e sub montani.
La distribuzione della superficie per classe altimetrica, vede gli oliveti localizzati quasi esclusivamente in collina (circa il 67.17%) ed in montagna (circa il 21.69%) e solo una piccola percentuale (circa il 11.14%) è collocata in pianura. Tale situazione, mette in evidenza ulteriormente l'importanza della coltura, giacché l'olivicoltura s'inserisce bene in territori anche impervi, dove difficilmente altre colture troverebbero spazio utile, permettendo l'utilizzazione di zone che altrimenti rimarrebbero incolte. Le aree coltivate ad olivo ricoprono circa il 24% della superficie agricola utilizzata e la superficie investita su questa coltura ammonta a circa 220.000 ettari, di cui circa 170.000 in coltura specializzata. Il numero di aziende olivicole è circa 136.000 con una produzione annua di circa 80.000 tonnellate di olio da olive.
Dal punto di vista strutturale, anche se il numero delle aziende medio grandi (oltre 20 ettari) con il 30% della superficie olivetata è abbastanza consistente, il settore olivicolo calabrese, è fortemente penalizzato dalla ridottissima dimensione media aziendale, poiché circa il 47% delle aziende ha una superficie media inferiore ad un ettaro. Il valore all'origine della produzione olivicola calabrese si aggira sui 300 milioni di Euro a cui vanno aggiunti gli aiuti comunitari.
Questa voce rappresenta il 30% della produzione lorda vendibile della regione, percentuale nettamente maggiore di quella nazionale (4%).
Le diverse tipologie di terreno, la differenza delle esposizioni e dei microclimi (ovvero delle condizioni climatiche di piccole aree anche confinanti), unite ad una tecnica di coltivazione poco razionale, fanno sì che sopravvivano, soprattutto nelle aree interne e marginali, tecniche di colturali antiquate, il cui scarso rendimento economico è comunque “compensato” dai benefici derivanti dalla funzione di mantenimento degli equilibri idrogeologici e ambientali. In Calabria si coltivano prevalentemente olive da olio e ciò ha spinto, nel corso del tempo, a coltivare varietà di collaudata adattabilità all'ambiente pedoclimatico. Dunque, si sono privilegiate piante che si trovavano già in coltivazione sul territorio da centinaia di anni, dove addirittura, forse avevano avuto origine. Oggi, anche se gli imprenditori agricoli, spinti dalle mutate esigenze di mercato, hanno introdotto nelle loro aziende varietà nuove, non rinunciano, giustamente, a valorizzare le loro varietà autoctone. Infatti, al di là delle scelte legate alle tradizioni ci sono anche motivazioni di carattere pratico: alcune varietà che ad esempio, esplicano al meglio le loro potenzialità in aree ben determinate e non sempre danno la stessa risposta, in termini quantitativi e qualitativi, in zone diverse da quelle di origine.
Le varietà più diffuse nelle cinque province calabresi sono: la Dolce di Rossano, la Cassanese, la Roggianella e la Carolea a Cosenza; la Carolea a Catanzaro; Carolea, Tonda di Strongoli e Pennulara a Crotone; Carolea, Ottobratica, Tondina e Tombarello a Vibo Valentia; l'Ottobratica, la Sinopolese, la Grossa di Gerace, la Tombarello e il Ciciarello a Reggio Calabria.
A queste varietà, vanno aggiunte altre cultivar non autoctone, che come poc'anzi detto, solo qualche volta hanno dato risposte valide e significative, compatibili con le esigenze della moderna olivicoltura.
Va tuttavia evidenziato che negli ultimi anni, l'olivicoltura calabrese, è stata interessata da una significativa evoluzione, determinata dall'introduzione di moderne e innovative tecniche colturali (agricoltura integrata e agricoltura biologica), finalizzate all'ottenimento di prodotti con standard qualitativi elevati. Questo miglioramento della qualità, è frutto di una combinazione armonica di innumerevoli fattori, dove comunque quelli che danno poi la caratterizzazione organolettica, ossia “l'impronta” di un olio, sono sempre i fattori pedo-climatici.
La trasformazione delle olive in olio
Le olive da olio prodotte in Calabria, vengono trasformate e danno origine, per oltre il 40%, ad olio extravergine che viene consumato in loco o venduto sui mercati nazionali ed internazionali, dove peraltro è molto apprezzato. Sono circa 1.000 i frantoi operanti nella regione così suddivisi per provincia: Reggio Calabria, 368; Vibo Valentia, 105; Catanzaro, 188; Crotone, 81; Cosenza, 326. Va' detto che per il rinnovamento degli impianti di trasformazione, nella regione è già stato fatto molto. Già da qualche tempo sono stati avviati sostenuti interventi di ristrutturazione e ammodernamento degli impianti.
Occorre segnalare con soddisfazione che è in atto, in tutto il settore olivicolo, uno sforzo complessivo e sostenuto, da parte di molti imprenditori agricoli, volto al miglioramento della qualità, con la certezza che l'impegno e l'intraprendenza manifestati, di cui già oggi si avvertono i primi segnali positivi, sapranno gratificare tutto il comparto olivicolo regionale.
Dr Antonio Giuseppe Lauro - Panel Leader
Coautore de Gli Extravergini Calabresi - Guida agli oli di qualità (2008)
Testo aggiornato 11/2016.