Articolo apparso originariamente, in lingua portoghese, sulla rivista Azeites e Olivais (Brazil), Edizione 00, Anno 1, 2019.
"E se è vero che il 94% della produzione di olio di oliva arriva dal mediterraneo (per adesso), grandi sorprese ha riservato la produzione extraeuropea e dell’emisfero sud del mondo".
Negli ultimi 10 anni si è assistito ad una “rivoluzione” nel mondo dell’olio extravergine di oliva di alta qualità.
Molto è stato fatto nel campo agronomico, mettendo a punto strategie di coltivazione, convenzionali o biologiche, che hanno permesso di ottenere una grande materia prima, sana e fresca. Ma, a mio avviso, molto di più è stato fatto nel settore dell’estrazione dell’olio EVO in frantoio.
Nuove tecnologie (su tutte lo scambiatore di calore per il termocondizionamento della pasta) e nuovi impianti, hanno consentito di conservare ed esaltare la qualità “potenziale” presente interno delle olive al fine di ottenere una prodotto olio EVO eccellente.
Sempre in frantoio sono in arrivo anche gli “ultrasuoni” ed i “campi elettrici pulsanti”, ricerche tutte italiane che permetteranno, in un futuro ormai prossimo, di ottenete olio ancor più “nutraceutici”, ossia ricchi di sostanze fenoliche ed altri componenti bioattivi.
Dopo molti anni in cui l’Italia era la padrona indiscussa di questo settore “premium”, piano piano si è arrivati ad una situazione di “equilibrio” tra i grandi produttori mondiali di olio EVO.
Sicuramente l’Italia dalla millenaria tradizione olearia e dalle mille varietà differenti di olivi, grande patrimonio genetico e riserva di biodiversità, mantiene anche adesso una leadership nel settore dell’alta qualità dell’olio EVO.
Sempre più le varietà come Frantoio, Coratina, Nocellara, Itrana fanno incetta di premi e riconoscimenti mondiali e vengono preferite dai consumatori di tutto il mondo.
La Spagna, ha cominciato ad investire in qualità ed i risultati si sono avuti subito. Oggi, infatti, molti oli EVO spagnoli sono ai vertici dell’alta qualità. E se in passato la varietà Picual era considerata la “cenerentola” dell’olivicoltura mondiale, buona solo per gli “oli da supermercato”, adesso Picual e Hojiblanca (giusto per citare solo alcune delle varietà spagnole) sorprendono e sono le punte di diamante di questa regione olivicola che, ricordiamo, da sola vale il 50% dell’olivicoltura mondiale.
Anche la Grecia, dopo anni di produzioni olearie destinate essenzialmente alla esportazione “in bulk”, ha intrapreso la strada della qualità, grazie anche alla loro cultivar più importante e rappresentativa: la Koroneiki. Giusto l’anno scorso, nel 2018, la guida “Flos Olei” ed il mio concorso “EVO IOOC” che si svolge in Italia (www.evo-iooc.com) hanno decretato la Koroneiki prodotta dalla Società LIA’ Cultivator quale “Best International EVOO Monovarietal”.
Ma non sono mancati, negli ultimi anni, ingressi eccellenti nel mondo dell’olio da olive. E se è vero che il 94% della produzione di olio di oliva arriva dal mediterraneo (per adesso), grandi sorprese ha riservato la produzione extraeuropea e dell’emisfero sud del mondo.
Sempre in Europa in grande evidenza il Portogallo, con l’altissima qualità dei sui prodotti, ma anche la piccola Croazia, che racchiude tesori oleari di grande pregio. A seguire la Tunisia, che nel 2018 è stata una delle nazioni emergenti dell’eccellenza olearia mondiale, assieme ad Israele, Turchia, Cile, Argentina, Australia, Sudafrica e, per finire, la vera sorpresa degli ultimi due anni: il Brasile.
Non solo caffè e frutti tropicali, quindi, ma anche eccellenti extravergine provenienti dal continente Brasiliano, a soli 10 anni dalla prima coltivazione nel paese. Extravergini emozionanti ed intensi provenienti sia dal centro (stati come Minas Gerais) e sia dal sud (Rio Grande do Sul) che hanno dominato concorsi internazionali come New York World Olive Oil Competition e EVO International Olive Oil Contest.
Il futuro?
Non ho la palla di vetro per leggerlo, ma sono certo che si vivrà un’era di espansione dell’olivicoltura nel mondo.
Serve sempre più olio di qualità, i consumi stagnano, ma si stanno aprendo nuovi mercati. Sono sempre di più i consumatori che confidano nei benefici connessi all’utilizzo dell’olio extravergine di oliva nella loro dieta.
Saranno così Cina, Brasile e Sudamerica, Giappone, Stati Uniti d’America (non solo con la California), Australia, Nuova Zelanda, India e Medio Oriente i nuovi padroni dell’olivicoltura mondiale?
Chi vivrà, vedrà
Nuove tecnologie (su tutte lo scambiatore di calore per il termocondizionamento della pasta) e nuovi impianti, hanno consentito di conservare ed esaltare la qualità “potenziale” presente interno delle olive al fine di ottenere una prodotto olio EVO eccellente.
Sempre in frantoio sono in arrivo anche gli “ultrasuoni” ed i “campi elettrici pulsanti”, ricerche tutte italiane che permetteranno, in un futuro ormai prossimo, di ottenete olio ancor più “nutraceutici”, ossia ricchi di sostanze fenoliche ed altri componenti bioattivi.
Dopo molti anni in cui l’Italia era la padrona indiscussa di questo settore “premium”, piano piano si è arrivati ad una situazione di “equilibrio” tra i grandi produttori mondiali di olio EVO.
Sicuramente l’Italia dalla millenaria tradizione olearia e dalle mille varietà differenti di olivi, grande patrimonio genetico e riserva di biodiversità, mantiene anche adesso una leadership nel settore dell’alta qualità dell’olio EVO.
Sempre più le varietà come Frantoio, Coratina, Nocellara, Itrana fanno incetta di premi e riconoscimenti mondiali e vengono preferite dai consumatori di tutto il mondo.
La Spagna, ha cominciato ad investire in qualità ed i risultati si sono avuti subito. Oggi, infatti, molti oli EVO spagnoli sono ai vertici dell’alta qualità. E se in passato la varietà Picual era considerata la “cenerentola” dell’olivicoltura mondiale, buona solo per gli “oli da supermercato”, adesso Picual e Hojiblanca (giusto per citare solo alcune delle varietà spagnole) sorprendono e sono le punte di diamante di questa regione olivicola che, ricordiamo, da sola vale il 50% dell’olivicoltura mondiale.
Anche la Grecia, dopo anni di produzioni olearie destinate essenzialmente alla esportazione “in bulk”, ha intrapreso la strada della qualità, grazie anche alla loro cultivar più importante e rappresentativa: la Koroneiki. Giusto l’anno scorso, nel 2018, la guida “Flos Olei” ed il mio concorso “EVO IOOC” che si svolge in Italia (www.evo-iooc.com) hanno decretato la Koroneiki prodotta dalla Società LIA’ Cultivator quale “Best International EVOO Monovarietal”.
Ma non sono mancati, negli ultimi anni, ingressi eccellenti nel mondo dell’olio da olive. E se è vero che il 94% della produzione di olio di oliva arriva dal mediterraneo (per adesso), grandi sorprese ha riservato la produzione extraeuropea e dell’emisfero sud del mondo.
Sempre in Europa in grande evidenza il Portogallo, con l’altissima qualità dei sui prodotti, ma anche la piccola Croazia, che racchiude tesori oleari di grande pregio. A seguire la Tunisia, che nel 2018 è stata una delle nazioni emergenti dell’eccellenza olearia mondiale, assieme ad Israele, Turchia, Cile, Argentina, Australia, Sudafrica e, per finire, la vera sorpresa degli ultimi due anni: il Brasile.
Non solo caffè e frutti tropicali, quindi, ma anche eccellenti extravergine provenienti dal continente Brasiliano, a soli 10 anni dalla prima coltivazione nel paese. Extravergini emozionanti ed intensi provenienti sia dal centro (stati come Minas Gerais) e sia dal sud (Rio Grande do Sul) che hanno dominato concorsi internazionali come New York World Olive Oil Competition e EVO International Olive Oil Contest.
Il futuro?
Non ho la palla di vetro per leggerlo, ma sono certo che si vivrà un’era di espansione dell’olivicoltura nel mondo.
Serve sempre più olio di qualità, i consumi stagnano, ma si stanno aprendo nuovi mercati. Sono sempre di più i consumatori che confidano nei benefici connessi all’utilizzo dell’olio extravergine di oliva nella loro dieta.
Saranno così Cina, Brasile e Sudamerica, Giappone, Stati Uniti d’America (non solo con la California), Australia, Nuova Zelanda, India e Medio Oriente i nuovi padroni dell’olivicoltura mondiale?
Chi vivrà, vedrà